Qualche settimana fa abbiamo parlato di come si modifica il ventaglio aromatico dei sapori della carne nelle lunghe cotture in umido e nella progressiva riduzione dei brodi, ma se parliamo “del sapore” della carne più primitivo pensiamo subito a quello della carne arrostita, ottenuto mediante cotture secche e veloci.
La carne arrostita è profumata, saporita, e tutte le note vengono esaltate dal veloce scioglimento dei grassi presenti nel taglio. Riconduciamo questa gamma di note aromatiche al caratteristico colore bruno della sua superficie.
Ma cosa succede esattamente alla carne quando la sottoponiamo a cotture a secco ad alte temperature? Come avviene quella magia che trasforma la carne cruda in una succulenta e saporita bistecca alla brace, o in un arrosto profumato della domenica?
Abbiamo già visto come la carne cruda non abbia particolare sapore, quantomeno non paragonabile a quello della carne cotta.
Cuocendo la carne ad alte temperature, infatti, creiamo (spesso inconsapevolmente) nuove molecole aromatiche che in quella cruda non esistono.
Questi nuovi sapori sono meravigliosamente racchiusi nella brunitura che si forma in superficie, sviluppando un sapore sapido e umami, con note intense di tostatura che ricordano a volte il caramello e altre il cacao. D’altronde hanno più cose in comune con la carne arrostita di quello che si potrebbe immaginare.
Questa brunitura è il risultato di una serie di reazione chimiche che vengono spesso sintetizzate in un unico e conosciutissimo fenomeno: le reazioni di Maillard.
Le reazioni di Maillard sono il prodotto della trasformazione degli zuccheri e delle proteine presenti sulla superficie della carne quando vengono sottoposti a temperature uguali o superiori a 140°C nelle cosiddette “cotture secche veloci”: griglia, brace e tutti i tipi di arrosto.
Non voglio addentrarmi in questo articolo nella complessità della reazione e dei metodi affinché avvenga nel miglior modo possibile, ma piuttosto nella grande varietà di risultati che da questa può scaturirne.
La varietà di sapori che possiamo gustare dopo questo tipo di cottura dipende dal tipo di amminoacidi e dalla quantità di zuccheri presenti nella carne e coinvolti nella reazione.
Questo significa che le differenze di sapore non dipenderanno solamente dal tipo di carne in cottura (manzo, pollo, maiale…) ma anche dai diversi tagli provenienti dallo steso animale, diversi per consistenza e composizione. Oppure da tagli uguali provenienti da animali diversi della stessa razza, a causa della diversità di alimentazione, età e tipologia di allevamento.
Quella bovina è sicuramente una delle carni più gustose da sottoporre a queste tipologia di cottura: nei tagli adatti alle cotture secche e veloci grassi, proteine e soprattutto zuccheri sono in composizione ottimale.
La brunitura superficiale dà grandi soddisfazioni al palato grazie alla quantità di zuccheri maggiori rispetto, ad esempio, alla carne di pollo, e alla sua particolare selezione di amminoacidi.
Il sapore sarà più intenso all’aumentare dei tempi di frollatura e all’età dell’animale al momento della macellazione, ma di base avrà note dominanti sapide, di glutammato (umami), poi dolci e agre, contrastanti con le note più metalliche e amare della carne al cuore.
Le migliori bistecche non hanno bisogno di molto altro per essere gustate al meglio; meglio le scegliamo, trattiamo e cuciniamo e meno ingredienti saranno necessari per non disturbare ciò che la materia prima riesce a fare da sola.
In altre tipologie di carne, come pollame e carni suine, questa serie di reazioni necessita di una spinta. Questa spinta la forniamo più o meno inconsapevolmente quando aggiungiamo zuccheri riducenti in cottura per facilitare e velocizzare la brunitura e la formazione di sapori in superficie.
In molte ricette tradizionali troviamo questi stratagemmi che uniscono teoria dei sapori alla chimica in cucina.
Quando cuciniamo l’anatra all’arancia, per esempio, non stiamo solo abbinando un agrume con note citriche e dolci ad alta compatibilità con una carne dalle basi altrettanto dolci, ma che necessita di un abbassamento delle note selvatiche grazie agli agrumi.
Stiamo anche fornendo uno zucchero (delle arance) per colmarne una carenza nella carne; carenza che ne impedirebbe una buona formazione di brunitura nonostante le temperature elevate in fase di rosolatura.
Per lo stesso motivo, un semplice pollo al limone funziona altrettanto bene.
Un altro esempio è quando glassiamo il filetto di maiale con il miele. Il miele è un altro amico delle reazioni di Maillard, che permette di di ottenere spettacolari risultati.
Non solo a livello di sapori otterremo un ventaglio decisamente interessante, di base dolce con note di caramello, ma grazie alla famosa “spinta” zuccherina in fase di reazione otterremo una brunitura dalle note ben più profonde di quelle che avremmo ottenuto senza miele.
Il sapore della carne acquisterà profondità con note di bosco, che ricordano la noce, perfette per essere esaltate da nuovi ingredienti come l’aglio cotto.
Se invece ci giocassimo la carta delle albicocche (altro abbinamento molto usato con la carne suina) potremmo dare più risalto alle note dolci e alle sensazioni cremose, e contemporaneamente aggiungere contrasto con le note acidule delle stesse.
Senza la reazione di Maillard nelle carni, la teoria dei sapori verrebbe giocata con carte del tutto diverse. Senza i sentori di tostatura e le note sapide tipici della carne arrostita la maggior parte degli abbinamenti tradizionali non funzionerebbe più.
Ecco perché quando parliamo di sapori e abbinamenti dobbiamo sempre chiederci a quale trattamento sottoponiamo la materia prima: cotture secche, umide, affumicature, marinature (solo per citare qualche esempio) possono modificare profondamente il sapore della materia prima naturale e necessitare di accostamenti altrettanto diversi per far funzionare l’equilibrio armonico del piatto.
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