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Ceci n'est pas une Sacher | La questione surreale del nome e delle varianti



È ricoperta con una glassa di cioccolato fondente e farcita con la confettura di albicocche, ma non chiamiamola Sacher.


La base non è un montato come vuole la ricetta originale, ma una torta lievitata con burro alle mandorle; in casa si faceva così perché mia nonna odiava montare il pan di Spagna, o forse non le usciva abbastanza bene.

Chiamare le cose con il loro nome in cucina è importante, non per pignoleria, ma perché il nome è identificazione e definisce il processo di lavorazione.

Quando si impara a cucinare, identificare una tecnica aiuta a fare ordine tra le basi pratiche in cucina. Al contrario, usare un nome improprio crea confusione.

Poi c’è la questione delle varianti: mia madre la fa così.

E qui, spesso, sono vere e proprie guerre.

Se la variante è corretta e non incide in modo negativo sui processi di lavorazione, trasforma spesso la preparazione in qualcosa di “altro” rispetto all’originale: è il caso di questa torta.

E fin qui, non c’è nulla di male, ma non è quello che sembra.

Ci sono però varianti che non sono corrette: non è una questione di gusto, ma di inserire un errore nella ricetta, come ad esempio mettere il lievito nella frolla o lavorarla eccessivamente per renderla “bella elastica”.

Le ricette segrete di famiglia sono preziose memorie o fanno lo sgambetto alla giusta cucina?


Come si fa a scovare l’errore se la ricetta non funziona? Beh, ci conviene scoprirlo, o continueremo a tramandare frolle isteriche.

Chi ha frequentato un mio corso di cucina lo sa bene (trovi il prossimo in partenza qui): in cucina non ci sono segreti, ma solo logiche gestioni dei processi di lavorazione.

Spiegarvi “perché si fa” più che “come si fa” vi facilita la giusta interpretazione (e l’eventuale modifica) della ricetta, che detta in modo semplice, vi rende autonomi ai fornelli.

Spoiler: in questa torta la ricetta gira a meraviglia, ma ho dovuto diminuire lo zucchero rispetto alla ricetta originale per non finire tutti in iperglicemia.

Probabilmente una delle tante ricette false, con dosi sballate, lasciate in giro da mia nonna per non svelarci quella giusta. Sì, lo faceva per davvero.


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