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Perché il pane non si apre in forno?


Quando il problema è l'impasto e non il forno: analisi del legame tra acidità, glutine e sviluppo (spiegato semplice).


Hai seguito ogni passaggio con attenzione.

Hai scelto la farina giusta, hai rinfrescato il lievito, hai impastato con cura; l’impasto ti sembrava bello ma in forno qualcosa non ha funzionato.


Il pane è rimasto un po' basso, rigido, e la crosta si è indurita troppo. All’interno non è successo quello ti che aspettavi: pochissima apertura, zero leggerezza.


Spesso il problema non è visibile fino alla fine e ha a che fare con l’acidità, per quello non riusciamo a percepire fin da subito l'errore.


Cercherò di spiegarti con parole semplici semplici cosa succede quando l’impasto si irrigidisce e il pane non riesce ad aprirsi in forno. Ti racconterò sintomi, cause e soluzioni pratiche, con la consapevolezza che quando panifichiamo è sempre un un insieme di cause e gesti a fare il pane, mai una singola azione.


Cose significa "impasto rigido"

Partiamo da un punto fermo: quando l’impasto è rigido, qualcosa non va.


Rigido nel senso di poco estensibile, con un glutine che, se sollecitato, tende a ritirarsi come un elastico più che allungarsi con facilità.


Non è solo una questione di idratazione o forza della farina.

A volte, anche con una ricetta ben bilanciata, l’impasto si irrigidisce. Tiene la forma, ma si oppone a ogni piega. Quando lo tocchi, non risponde: è fermo, compatto, "nervoso".


Durante la lievitazione cresce poco, e in forno non si apre.

La crosta si inspessisce, la mollica resta chiusa. Il pane sembra "non respirare".


Se ti succede, potrebbe non essere un problema di tecnica o manualità, ma qualcosa che riguarda la struttura interna del glutine, data spesso da un elemento invisibile: l’eccesso di acidità.


L'eccesso di acidità compromette la maglia

Ogni impasto fermentato con pasta madre ha una componente acida: è normale e necessaria.

Ma quando l’acidità diventa eccessiva, o resta intrappolata troppo a lungo nell’impasto, può danneggiare la struttura del glutine, compromettendo l'equilibrio elasticità - estensibilità di un impasto.


Il pH è l’indicatore che misura questa acidità

In panificazione, un pH troppo basso (troppo acido) rende il glutine fragile, meno estensibile, più incline a spezzarsi.

Il risultato è un impasto rigido, che fatica a crescere bene e non si apre in cottura.


Il punto non è solo quanto è acido, ma anche da quanto tempo l’impasto sta in quell’ambiente acido.


Per capirci: anche un pH “non troppo basso” può dare problemi, se ci sei arrivato lentamente e "ci sei rimasto troppo" con quel pane formato parcheggiato in frigo.


Il glutine (passatemi il termine poco ortodosso) si stanca e non sostiene la lievitazione.


All'inizio della catena potrebbe esserci un lievito madre troppo avanti, lasciato fermentare troppo a lungo o usato al momento sbagliato, non solo un impasto lasciato acidificare troppo.


Se la madre è troppo acida


Chi usa il lievito madre lo sa: ci sono giorni in cui sembra in gran forma perché è cresciuta, è piena di bolle, profuma di buono. Ma attenzione: non sempre quello che vedi corrisponde a quello che succederà nell’impasto.


Un lievito troppo maturo ha fermentato a lungo e ha consumato buona parte delle sue riserve; ha anche sviluppato un livello di acidità che può rallentare o inibire l’attività fermentativa.


Anche se ti sembra “affamato” e pronto per essere buttato a capofitto nel tuo impasto, se l’ambiente è troppo acido, i lieviti entrano in difficoltà:

- producono meno gas

- reagiscono più lentamente

- non riescono a sostenere la fermentazione in un ambiente complesso


Il risultato, in soldoni, è un impasto che non parte, o che cresce pochissimo e molto lentamente, peggiorando il rapporto crescita/acidificazione a favore di quest'ultima.

Il lievito era vivo, ma non abbastanza forte per fare il suo lavoro.


Ecco perché non basta guardare il volume o le bolle in superficie del lievito: serve conoscerne i tempi, capire quando è davvero pronto e quando invece è già stanco.


Tutta la teoria fondamentale che connette tra loro i parametri di crescita e acidificazione la affronto per filo e per segno nel corso di panificazione a pasta madre (questo).

Uno dei nodi che ho sciolto nel mio percorso che ha cambiato la mia visione generale della panificazione è stato proprio lo studio delle soglie di tolleranza del glutine; in particolare la relazione tra acidificazione e cedimento progressivo della maglia glutinica.


Le soluzioni pratiche (senza strumenti da laboratorio)


Impara ad ascoltare il tuo lievito; non servono per forza pH-metri o analisi di laboratorio: bastano occhio, naso e un po’ di attenzione ai tempi.


1. Conosci il tuo lievito

Ogni pasta madre ha una curva diversa: c’è quella che arriva al picco in 3 ore e quella che ne impiega 5. Tieni un piccolo diario, osserva come si comporta in base alla temperatura, ai rinfreschi, al contenitore.

Non guardare solo il volume: stai attento anche alla consistenza, alla tensione della superficie. Ricorda che ogni madre ha "il suo" picco e i suoi volumi personali con altre infinite variabili che adesso non possiamo affrontare, ma che ci sono!


2. Non aspettare “troppo”

Non usare il lievito al picco massimo solo perché vedi fare così; spesso è meglio usarlo un po’ prima, quando è in crescita e l’acidità non ha ancora preso il sopravvento.


3. Nel dubbio, rinfresca

Un lievito troppo avanti può essere sistemato con un rinfresco per utilizzarlo alla giusta acidità e riattivare la spinta. Lascia perdere gli altri rituali ossessivi: rinfresca quando serve!


4. Se è troppo tardi, non usarlo

Se senti un odore già pungente, se la pasta madre si avvicina al collasso, se percepisci che è andato oltre al suo livello ottimale di utilizzo, non usarlo! O utilizzalo tenendo presente ciò che ci siamo detti.


Non hai sbagliato tutto

Se ti è successo di sfornare un pane basso, rigido, chiuso, sappi che non hai sbagliato l'intero processo.


Il pane ha un suo linguaggio e a volte, il lievito madre parla con sfumature difficili da cogliere, soprattutto all’inizio.

Non è una questione di istinto o fortuna: è una questione di conoscenza.


Capire come funziona davvero il tuo impasto, come reagisce al lievito, alla temperatura, ai tempi è un percorso di approfondimento di ogni variabile.


Se ti va di approfondire, qui trovi il calendario completo dei miei corsi. Stappo sempre un sacco di bottiglie buonissime ;-)



Se hai domande su questo argomento scrivimi, troverò sicuramente il giusto tempo per risponderti.


Bibliografia


- De Vuyst, L., & Vrancken, G. – Sourdough fermentation: metabolic interactions on a microbial ecosystem – Food Microbiology, 2013.

- Gobbetti, M., Corsetti, A., & Rossi, J. – The sourdough microflora: interactions of lactic acid bacteria and yeasts. A review – Food Microbiology, 1995.

- Hammes, W. P., & Gänzle, M. G. – Sourdough breads and related products – In Handbook of Fermented Functional Foods, CRC Press, 1998.

- Gänzle, M. G. – Enzymatic and bacterial interactions in sourdough fermentation – Trends in Food Science & Technology, 2014.

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di Giulia Maria Bielli

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